IL FIORE DELLA MORTE

Alessandro, uno psicologo aziendale alle soglie della mezza età, incontra Iris, stravagante ragazza che campa di espedienti, la quale gli racconta di vivere, attraverso sogni angoscianti, episodi di una vita precedente. Alessandro è subito attratto dalla bellezza un po’ selvaggia di lei e da certi atteggiamenti spregiudicati, così simili a quelli della sua giovinezza. Gratificato dalle attenzioni che Iris gli riserva e spinto da un insano innamoramento, decide di aiutare la ragazza a scoprire la causa degli incubi, prima chiedendo aiuto al suo mentore, un professore universitario che pratica l’ipnosi, in seguito, dopo la morte del medico, indagando personalmente nel passato di lei, segnato, come prevedibile, da un’infanzia infelice. Troppo tardi capirà di essere stato non oggetto di una passione amorosa, ma destinatario di una terribile vendetta dall’esito mortale.

INTERVISTA ALL’ AUTRICE:

1. Come hai conosciuto il concorso “UNA STORIA PER IL CINEMA”?

Tramite Facebook, scorrendo i post pubblicati, tra cui quelli di alcuni amici e colleghi che avevano partecipato alle scorse edizioni.

2. Come nasce l’idea della tua storia?

Come spesso mi capita, da un’immagine dentro di me, nel caso specifico quella della protagonista. Ho pensato a questa giovane donna in apparenza appassionata e ribelle, ma nella realtà chiusa e ingannatrice, come nelle storie mistery che adoro, testimone di un terribile segreto che intende vendicare. E subito per  contrapposizione, ho “visto” il suo opposto, un professore spento dalla vita, che non avrebbe potuto non rimanere soggiogato dalle circostanze.  Il resto è venuto da sé.

3. Qual è l’ambientazione?

Potrebbe essere qualunque città italiana, la storia segue soprattutto le vicende dei personaggi e quindi non è legata a una località specifica. Ovviamente ho immaginato come imprescindibili lo studio di uno psicanalista, ambienti universitari, un hotel dimesso e la casa di un fabbricato popolare, di quelli con i grandi cortili al centro.  

4. Quanto c’è di te in questa storia?

In quello che scrive, ogni autore lascia sempre qualcosa di suo, magari una sensazione, un incrocio di sguardi, il racconto di ciò che qualcun altro gli ha fatto, a parte le esperienze proprie. In questa particolare storia, tuttavia, di me c’è soprattutto la passione per la cinematografia di Hitchcock, le atmosfere misteriose e le ambiguità che ho assimilato dai suoi film e dai tanti altri di quel genere, di cui sono appassionata. Con ciò non voglio certo dire di essere capace di riprodurli allo stesso modo, sia chiaro, anche se scrivendo ho pensato a quello.    

5. Perché credi che sia adatta per una trasposizione cinematografica?

Perché, come ho già accennato, si tratta di una storia dalla trama in un certo senso sperimentata, seppure con tratti originali, che si racconta attraverso scene reali e immagini evocative, e che contiene un mistero, a mio parere, capace di coinvolgere gli spettatori  fino al finale inaspettato, persino un po’ scioccante.

6. Hai già vinto premi con questa storia?

No, con questa storia non ho vinto altri premi, né l’ho mai proposta prima ad altri concorsi.

7. Progetti per il futuro?

Continuare a scrivere, soprattutto storie di mistero, che negli ultimi anni ho tralasciato per dedicarmi al poliziesco. Ho da poco ultimato un romanzo che ha come protagonista una donna sensitiva. Inutile precisare che nel futuro mi piacerebbe vedere la trasposizione cinematografica o televisiva di almeno una della mie storie. Penso che il cinema sia l’arte più completa, perché contiene, oltre alle immagini, pezzi di letteratura, musica, costume, interpretazione. 

8. Vuoi aggiungere altro?

Vorrei ringraziare l’organizzazione di “UNA STORIA PER IL CINEMA”, per l’opportunità che offre a noi autori, e tutti i giurati e lettori che hanno apprezzato il mio racconto.